Affrontare in modo diretto la crisi d’impresa vuol dire per l’imprenditore essere sempre coinvolto in prima linea in un processo decisionale importante, talvolta potenzialmente pericoloso per la continuità aziendale.
L’art. 67 del R.D. 16.03.1942, meglio conosciuta come legge fallimentare, successivamente alle modifiche introdotte dal D.Lgs n.75/2014 ha reso ancor di più appetibile lo strumento del piano attestato di risanamento per affrontare una situazione di crisi reversibile nella quale l’insolvenza non si è ancora manifestata.
Il piano attestato di risanamento, partendo da una situazione economica e patrimoniale, mira a individuare le passività che possono essere transate (ridotte del loro valore nominale), garantendo così un processo di ristrutturazione del debito in linea con i principi di continuità aziendale.
Il piano è un’iniziativa di natura privatistica, pertanto, si compone di accordi presi in via stragiudiziale con i propri creditori, che, coerentemente alla libera negoziazione di mercato sono liberi di accettarlo o meno.
In linea di principio i creditori dell’azienda più propensi ad accettare la proposta di piano sono quelli che detengono crediti di natura chirografaria, l’opposto potrebbero manifestare i creditori privilegiati, ovvero i lavoratori, i detentori di garanzie reali (es. pegni e ipoteche) nonché l’erario per alcune tipologie di imposte (es. IVA).
L’art. 67, comma 3, lettera d) della legge fallimentare ha previsto che il professionista nel redigere il piano di risanamento deve attestare: la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. Nell’elaborazione dovrà attenersi ai “Principi di attestazione dei piani di risanamento” predisposti dal CNDCEC che prevedono tra le altre, regole specifiche anche nella struttura dello stesso. Formalmente un piano può essere suddiviso in 5 parti ideali:
Il legislatore ha garantito la deducibilità immediata delle perdite su crediti e recupero dell’iva anticipata per i creditori qualora il debitore abbia stipulato un piano di risanamento ex. Art. 67 L.F, e provveduto alla relativa registrazione presso il Registro delle Imprese.
Tale opzione prima del 13/12/2014 era riconosciuta solamente nei casi di applicazione del concordato preventivo art. 161 L.F e degli accordi di ristrutturazione di debiti art. 182-bis L.F. Tale implementazione dell’art. 67 ha sicuramente alla base la volontà del legislatore di accelerare i processi di ristrutturazione del debito ricorrendo all’opzione privatistica art. 67 invece ché quella giudiziale degli art.li 161 e 182-bis.
Di fronte ad un accordo certificato di un piano attestato di risanamento, il creditore ha la possibilità di monetizzare nell’immediato una quota significativa della potenziale perdita subita.
La Alfa SRL è creditrice nei confronti di Beta SRL di € 100.000. Beta SRL è in una condizione di crisi e rischia seriamente di diventare insolvente nei confronti di Alfa. Beta SRL propone ad Alfa SRL di accettare una piano di risanamento ex art. 67 che prevede la falcidia di ben l’80% del credito vantato.
Istintivamente ALFA direbbe di “No” paventando eventualmente di richiedere il fallimento di Beta SRL. A conti fatti però, ALFA, invece di avventurarsi nella mischia dei creditori presenti in un fallimento, correndo così il rischio di non recuperare mai il proprio credito, potrebbe fermarsi un momento e calcolare i benefici derivanti dall’accettazione immediata del piano attestato.
Credito vantato: € 100.000
TOTALE RECUPERABILE: € 56.066
In caso di accettazione del piano la Alfa SRL è in grado di recuperare immediatamente il 56,06%, un valore di gran lunga superiore rispetto alla percentuale inizialmente prospettata.