L’impresa familiare, in base all’articolo 230-bis del C.C., è quella forma di attività imprenditoriale nella quale prestano il loro lavoro i familiari dell’imprenditore, quali il coniuge, i suoi parenti entro il terzo grado (figli, nipoti e zii) o affini entro il secondo grado (suoceri, cognati, ecc.). Il legislatore, sempre nei limiti dell’art. 230-bis, ammette come unica configurazione di impresa familiare quella costituita in forma di ditta individuale.
I familiari dell’imprenditore possono decidere di prestare il proprio lavoro, alternativamente, sotto forma di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, associazione in partecipazione con apporto di capitali (quello con apporto di solo lavoro abrogato con il “Job Act”), società, ed infine in associazione alla conduzione dell’attività d’impresa. Proprio l’attività menzionata nell’ultimo punto trova una specifica tutela giuridica nella regolamentazione dell’impresa familiare, tale da identificare una serie di diritti e doveri in capo ai partecipanti:
In termini di responsabilità l’impresa familiare, pur operando con la partecipazione di più soggetti al processo produttivo, riceve una specifica tutela in capo ai collaboratori. Questi, dato il non coinvolgimento diretto nel processo decisionale, non ricevono alcuna remunerazione in caso di perdita d’impresa, nello stesso tempo non partecipano alla divisione dei beni aziendali se questi sono aggrediti dai creditori. Solo il titolare risponde nei confronti dei creditori con l’intero patrimoni personale, ed è soggetto a fallimento nel caso di insolvenza.
In termini fiscali l’impresa familiare mantiene le caratteristiche tipiche dell’impresa individuale, i redditi prodotti sono assoggettati a IRPEF come da art. 5 commi 4 e 5 del TUIR. Se nulla stabilito in sede di costituzione, il 51% dei redditi d’impresa viene imputato all’imprenditore, il restante 49% ai suoi familiari partecipanti all’attività. In termini di tassazione diretta, essendo l’IRPEF un’imposta progressiva, la partecipazione all’attività dei familiari dell’imprenditore può risultare in alcuni casi conveniente. Le partecipazioni agli utili d’impresa dei familiari garantiscono una distribuzione della base imponibile su aliquote IRPEF più basse rispetto alla tassazione in capo ad un unico soggetto. A titolo d’esempio. Se il reddito imponibile d’impresa a fine anno si attesta a quota € 29.000, nel caso di impresa familiare la tassazione dovuta è:
Tassazione complessiva dell’impresa familiare € 3.041,70 + € 3.268,30 = € 6.310,00
Qualora la stessa impresa operasse solamente in regime individuale il reddito di € 29.000 sarebbe interamente imputato in capo all’imprenditore. Pertanto, la tassazione dovuta risulterebbe pari a:
DA | FINO A | ALIQUOTA | IMPOSTA |
€ 0 | € 15.000,00 | 23% | € 3.450,00 |
€ 15.000,00 | € 28.000,00 | 27% | € 3.510,00 |
€ 28.000,00 | € 29.000,00 | 38% | € 380,00 |
Totale IRPEF dovuta | € 7.340,00 |
Dal confronto si evince quindi che l’impresa familiare ha consentito un risparmio netto d’IRPEF pari a € 1.030,00 (7.340,00 – 6.310,00).