Una delle questioni da affrontare in sede di nascita di una nuova impresa è rappresentata dalla scelta del regime fiscale più adatto in grado di minimizzare la pressione fiscale. Negli ultimi due mesi del 2014, in base ai dati forniti dal MEF si è assistito a una corsa all’apertura delle partita IVA con l’opzione del 5%, in previsione di un mancato rinnovo per l’anno successivo.
Nonostante per tutto il 2015 il vecchio regime dei minimi al 5% sia stato confermato grazie al cd. “Decreto Mille-Proroghe”, il neo imprenditore/professionista rimarrà sorpreso dalla maggior convenienza (in specifici casi) del regime forfetario al 15% rispetto a quello dei minimi al 5%. L’attento lettore potrebbe esclamare: “Eresia”! Come può essere più conveniente un sistema con tassazione al 15% contro uno al 5%? I conti potrebbero non tornare.
Per comprendere il perché è necessario sintetizzare i presupposti impositivi dei due regimi. Nel regime forfetario (in vigore dal 1° gennaio 2015) il reddito imponibile si determina in via forfetaria applicando ai ricavi (fatturato) e ai compensi percepiti nel corso dell’anno un coefficiente di redditività differenziato per tipologia di attività svolta. Tale coefficiente si attesta in una misura compresa tra il 40% e l’86%.
Gli unici oneri d’esercizio deducibili sono rappresentati dai contributi previdenziali obbligatori e dalle perdite subite negli esercizi precedenti. In questo modo, per esempio, un imprenditore operante nel commercio, che fattura € 10.000 sostenendo costi per merci di € 2.000, oneri previdenziali per € 3.500, avrà un imponibile fiscale pari a (10.000 * 40%) – 3500 = 500, una tassazione netta pari a 500 * 15% = € 75. In modo diverso nel regime dei minimi l’imponibile è dato dalla differenza tra i ricavi e i costi dell’esercizio. A titolo d’esempio, il commerciante di cui sopra, se fosse stato un minimo, avrebbe avuto un imponibile fiscale pari a 10.000 – 2.000 – 3.500 = 4.500 e una tassazione netta pari a 4.500 * 5% = € 225.
Un fattore di vantaggio, di sicuro rilievo nel regime forfetario è rappresentato dalla possibilità di abbattere l’imponibile fiscale di 1/3 per le nuove attività imprenditoriali nel corso di un triennio. Il comma 87 dell’articolo 1 L.190/2014 (C.D. Legge di Stabilità), ha previsto che la riduzione dell’imponibile è applicabile (fino al compimento del triennio) anche a chi ha iniziato l’attività nel 2013/2014 e abbia conservato le caratteristiche di convivenza nel regime forfetario. Le condizioni necessarie per ottenere l’abbattimento di 1/3 dell’imponibile fiscale sono:
Alla luce di questo, le nuove attività imprenditoriali possono battere il regime dei minimi anche per effetto della riduzione di 1/3 della base imponibile. Riprendendo l’esempio del commerciante, se l’attività fosse stata del tipo “nuovo iniziativa imprenditoriale”, l’imponibile fiscale ridotto di 1/3 sarebbe stato pari a 335 € e la tassazione netta pari € 335 * 15% = 50,25 €.
Il principio guida che il “saggio imprenditore” dovrebbe adottare nella scelta del regime da utilizzare per la propria attività dovrà basarsi su un’attenta valutazione dei ricavi previsti e dei rispettivi costi.
Conti alla mano, è stato verificato che il regime forfetario sia di gran lunga più conveniente quando l’attività tende a generare un esiguo livello di costi, nonché un rilevante livello di utili (ricavi – costi). Il caso tipico è rappresentato dai professionisti che generalmente, a parità di ricavi, tendono ad avere meno costi rispetto a chi opera in settori quale quello del commercio o della produzione dei beni. In definitiva tanto maggiori saranno gli utili attesi, tanto maggiore sarà la convenienza del regime forfetario rispetto a quello dei minimi.