L’Imposta Municipale Propria, meglio nota come Imu, debutta nel 2013 con alcune significative novità. La Legge di Stabilità, infatti, ai commi 380 e seguenti, rivede diversi dettagli dell’imposta più discussa dell’anno passato.
Maggiori liquidità dunque a disposizione delle amministrazioni comunali, anche se bisogna considerare la quota perduta legata al “fattore D”.
L’esclusiva statale su questa particolare categoria catastale può in effetti spostare gli equilibri della partita. Opifici, banche, scuole, case di cura, ospedali, alberghi e teatri avranno infatti come unico interlocutore lo Stato.
Cambiando punto di vista, luci e ombre per i contribuenti. I titolari degli immobili sopra citati avranno l’obbligo di applicare l’aliquota, determinata per legge, di 0,76%: addio ad eventuali sconti d’imposta. Buone nuove invece per la stragrande maggioranza dei contribuenti: l’uscita di scena delle casse erariali semplifica di colpo la compilazione dei modelli di pagamento.
Le precedenti scadenze infatti erano state caratterizzate da dubbi interpretativi e palesi difficoltà pratiche relative all’identificazione degli importi e dei codici tributo corretti. A partire dall’esercizio in corso, invece, tutto più semplice, grazie all’unificazione dei corrispettivi da girare ai Comuni.
Il comma b, art. 380 della L.228/2012 introduce poi il Fondo di solidarietà comunale. Il fondo dovrà essere foraggiato dai Comuni, obbligati a destinare quota delle entrate percepite grazie all’Imu. La quota verrà stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città e le autonomie locali. Già fissati i limiti temporali per l’emissione: in riferimento al periodo d’imposta 2013, il decreto dovrà essere varato entro il 30 aprile dello stesso anno, mentre per il 2014 scadenza individuata al 31 dicembre 2013.
Dubbi circa l’attività di accertamento e raccolta dei tributi. Tali compiti, prima delle novità introdotte in chiusura d’anno, erano ad appannaggio esclusivo dei Comuni, che beneficiavano oltretutto delle somme incassate dal buon esito delle attività stesse.
L’identificazione più restrittiva dei soggetti beneficiari segna inevitabilmente un passaggio di consegne, centralizzando obblighi periferici. Difficile pensare che gli enti locali possano esigere, in maniera efficace, pagamenti destinati ad altri soggetti.