Mini-perdite su crediti, deduzione più facile. Il dl. 83/2012, riscrivendo l’art. 101 del Tuir, introduce importanti novità in tema di perdite su crediti di “modesta rilevanza”. Entro determinati vincoli temporali e quantitativi, imprese e professionisti potranno scontare dal proprio reddito sofferenze senza produrre particolari documentazioni o ragionare sugli effetti fiscali delle scelte operate.
In un contesto economico difficile come quello attuale, tale possibilità potrebbe rivelarsi decisamente appetibile per moltissimi contribuenti.
Il Tuir stabilisce che la deducibilità delle perdite nel caso di specie debba obbligatoriamente essere sostenuta da elementi “certi e precisi”.
Dal punto di vista quantitativo, i crediti devono essere inferiori a 2.500 euro, importo alzato a 5.000 euro per le imprese di grandi dimensioni. L’elemento fondamentale d’analisi è il fatturato, dal momento che vengono considerate rilevanti le società che conseguono un volume d’affari o di ricavi superiore a 150 milioni nel 2011, 200 milioni nel 2010 e 300 milioni nel 2009.
Per quanto riguarda il 2012 è ancora atteso il provvedimento attuativo da parte dell’Agenzia delle Entrate, anche se la soglia con ogni probabilità sembra essere stata fissata a 100 milioni. Secondo le interpretazioni più comuni degli esperti, nel caso in cui debitore e creditore fossero legati da più posizioni debitorie, l’analisi deve essere effettuata sul singolo importo di ciascuna fattispecie, escludendo valutazioni di tipo cumulativo.
Una volta verificate le cifre, entra in gioco la variabile temporale. I crediti in oggetto devono essere scaduti da almeno sei mesi, ma anche in questo caso sono necessarie alcune considerazioni per definire i contorni della questione. Resta ovviamente ferma la possibilità in capo ai soggetti di dedurre situazioni creditizie insolventi prima del termine indicato, presentando però adeguata documentazione di supporto.
Più critica invece l’identificazione del periodo d’imposta in cui usufruire dell’abbattimento a conto economico. Parte delle dottrina sostiene infatti che la deduzione debba essere obbligatoriamente effettuata nell’esercizio di scadenza del semestre. L’interpretazione sembra essere particolarmente stringente per due ordini di motivi. Prima di tutto si escluderebbero dal novero dei beneficiari tutti i crediti rimasti a bilancio delle aziende relativi ad esercizi precedenti, togliendo alle imprese la possibilità di sanare incagli di lunga durata parcheggiati per chiari motivi di convenienza. In secondo luogo, costringerebbe gli addetti ai lavori a sforbiciare le proprie posizioni alla scadenza semestrale senza alcuna flessibilità.
Le misure legislative necessitano dunque di interpretazioni stringenti da parte dell’Amministrazione Finanziaria, utili per non vanificare la ratio positiva insita nelle scelte effettuate dal legislatore.